La Sentenza 6787 non si è espressa, dunque, sul corrispettivo che la Centrale applica per i servizi di committenza ausiliaria, da cui sempre esclude quelli per la piattaforma.
Nel primo caso, Centrale di committenza e Stazione appaltante coincidono e si può, a norma dell’art. 16-bis citato, imporre il rimborso delle spese contrattuali. In cifra fissa perché sia esplicito, fin dall’inizio, il costo che i concorrenti sopporteranno in caso di aggiudica.Nel secondo caso, la Stazione appaltante, ad esempio un Comune, utilizza i servizi erogati da una Centrale di committenza ausiliaria, con un corrispettivo, imposto all’aggiudicatario o meno, espresso in percentuale sull’importo a base d’asta. Non è possibile, infatti, predeterminarne il valore, come nel caso dei costi contrattuali, perché detti servizi sono legati al numero dei concorrenti ed alla complessità delle questioni emergenti in corso di gara.
La Sentenza 6787 non si è espressa, dunque, sul corrispettivo che la Centrale applica per i servizi di committenza ausiliaria, da cui sempre esclude quelli per la piattaforma.
Un corrispettivo finora applicato, oltre 5000 volte in sette anni di attività, malgrado le resistenze e il contrasto di tanti detrattori, CONSIP in primis. Alla sua legittimazione ha provveduto la Sentenza 3042/2014 del Consiglio di Stato e, fin quando non interverrà nuovo e diverso orientamento, la Centrale si attiene a questa pronuncia. Non c’è stata ad oggi alcuna Sentenza contraria, tranne quella famosa del TAR Puglia (cd. Sentenza Lizzanello), annullata, però, a maggio scorso, dal Consiglio di Stato, che con Sentenza 3173/2020 ha affermato che il corrispettivo rappresenta una mera clausola contrattuale, che non inficia il regolare svolgimento della gara. Un’eventuale impugnativa va dunque proposta, nei modi e nei termini prescritti, a gara conclusa. Tesi ribadita a settembre scorso dal TAR Campania, con Sentenza 3982/2020, che ha dichiarato infondato il ricorso per l’annullamento, causa corrispettivo, di una gara del Comune di Vairano Patenora, proposto da ANAC. Ormai convertitasi alla tesi della illegittimità, dopo aver tergiversato, dal 2012 al 2018, con otto pronunce, ognuna a smentire la precedente. Anche il Tribunale Civile di Busto Arsizio si è espresso a gennaio 2020 per la legittimità del corrispettivo, condannando al pagamento, più spese, un aggiudicatario riluttante. In ogni caso, la Centrale ha sempre assunto su di sé ogni rischio di contenzioso giudiziario, manlevando i propri Soci.
La Sentenza 6787 del 3 novembre scorso, come detto, riguarda tutt’altro. Si esprime su una gara per l’acquisto centralizzato di lampade a LED, indetta dall’Associazione ASMEL, il 2.8.2019. ANAC aveva lavorato in pieno agosto per impugnare la gara, nei termini, visto il rischio concreto che, a breve, siano stipulati dai numerosi enti locali aderenti ad ASMEL Associazione i relativi contratti con operatori economici selezionati. Ricorso accolto dalTAR Lombardia e appello respinto con Sentenza 6787.
Ciò che conta, per i Comuni ASMEL, non è certo il corrispettivo per i servizi ausiliari, nemmeno applicato nella gara in questione.
Conta, invece, l’accoglimento della tesi ANAC, secondo cui le gare centralizzate sono appannaggio esclusivo di CONSIP e Soggetti aggregatori, titolari di prerogative che la legge assegna loro. Ma se non attivate, si determina un vulnus che ASMEL Associazione ha provato a superare con la gara che ANAC è riuscita a far annullare. E poi, anche quando attivate, non è affatto detto che le Convenzioni quadro conseguenti agli acquisti centralizzati CONSIP (e dei Soggetti aggregatori) non siano migliorabili dal punto di vista economico a parità di prestazioni. È quanto afferma ANAC, a conclusione di un’indagine condotta su quanti hanno agito in deroga alle Convenzioni CONSIP. Un’indagine in cui vengono definiti virtuosi e capaci Comuni, che da soli hanno spuntato prezzi/condizioni migliori di CONSIP. Figuriamoci con la massa critica di oltre 3300 Soci ASMEL in tutt’Italia, supportata da una Centrale con sette anni di esperienza e un transato di 4,7 miliardi di euro, che ha prodotto risparmi superiori a 500 milioni di euro. Mentre aziende e privati di tutt’Italia hanno da tempo sostituito le lampade con quelle a LED, con grandi vantaggi economici e per l’ambiente, non altrettanto è avvenuto nei Comuni, malgrado la pubblica illuminazione rappresenti la maggior voce del bilancio, dopo quella per il personale. Non solo per mancanza di fondi, ma anche per le difficoltà d’indebitamento. La legge di bilancio 2019 aveva stanziato fondi per l’efficientamento energetico in grado di soddisfare le esigenze del 90% dei Comuni italiani. Con la gara ASMEL, che aveva ottenuto risparmi pari al 50% del prezzo di mercato, i Comuni avrebbero potuto acquistare le lampade con detti fondi, sostituire le vecchie, e usufruire da subito del risparmio energetico. Non certo dopo vent’anni, come in centinaia di gare con “finanza di progetto” transitate sulla piattaforma della Centrale. Per non parlare del “servizio luce”, proposto con le Convenzioni CONSIP, fonte di tanti contenziosi, perché il termine “migliorabili” è percepito come un eufemismo.
Fortunatamente, sul fronte dell’efficientamento energetico, ASMEL può oggi attivare tante nuove opportunità, grazie alle “comunità energetiche” introdotte dalle direttive europee e ai tanti incentivi resi disponibili in ragione della fase emergenziale.