I rapporti tra ente partecipante e società in house alla luce delle recenti modifiche legislative A cura di Marco CATALANO, giudice contabile

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16/03/2022

Il rapporto tra ente partecipante e società partecipata, specie per quelle in house, si è da sempre presentato foriero di ambiguità, parzialmente dissipate dalla entrata in vigore del testo unico. Se da un lato si afferma che la società in house è un soggetto con autonomia patrimoniale perfetta, tanto da costituire un centro di imputazione del tutto diverso dall’ente, sì da poter anche fallire, dall’altro la presenza, molto spesso, di un solo socio totalitario, rende difficile la differenziazione tra questo e la sua partecipata. Di questo si era reso conto il legislatore quando, con il dl. nr. 174 del 2012 aveva inserito all’interno del testo unico degli enti locali l’art. 147 quater, che disciplina il controllo da parte dell’ente locale sulle sue società partecipate; di ciò è espressione il testo unico delle società partecipate il cui art. 12, in tema di giurisdizione per le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori, è la sintesi dell’equilibrio raggiunto dal 2013 dalla Corte di cassazione. Un ulteriore tassello al difficile mosaico è costituito dagli affidamenti da parte dell’ente partecipante alla sua partecipata. Nel delineare il perimetro applicativo, l’art. 192 del codice dei contratti ne ammette la possibilità, seppur con numerosi distinguo e accortezze. Secondo il comma 2 della norma appena citata, infatti, ai fini dell'affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell'offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all'oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche. In pratica un obbligo di motivazione rafforzata per la deroga al principio del necessario ricorso al mercato, visto quale fonte per la migliore ed efficiente allocazione delle (talvolta scarse) risorse pubbliche. Esemplare al riguardo è stato un parere del Consiglio di Stato in merito alle Linee guida ANAC recanti «Indicazioni in materia di affidamenti in house di contratti aventi ad oggetto lavori, servizi o forniture disponibili sul mercato in regime di concorrenza ai sensi dell'articolo 192, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 e s.m.i.». In sostanza, l’Autorità anticorruzione aveva deciso in piena autonomia di emanare linee guida per gli affidamenti in house, inviandole per il consueto parere al massimo organo consultivo della Repubblica. Il Consiglio di Stato, sempre attento alla verifica della compatibilità delle linee guida con l’intero panorama normativo, ha sospeso l’esame richiedendo un approfondimento su un recente intervento normativo, contenuto nell’art. 10 del d.l. n. 77/21 a mente dei cui commi 1, 2 e 3

1. Per sostenere la definizione e l'avvio delle procedure di affidamento ed accelerare l'attuazione degli investimenti pubblici, in particolare di quelli previsti dal PNRR e dai cicli di programmazione nazionale e dell'Unione europea 2014-2020 e 2021-2027, le amministrazioni interessate, mediante apposite convenzioni, possono avvalersi del supporto tecnico-operativo di società in house qualificate ai sensi dell'articolo 38 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

2. L'attività di supporto di cui al comma 1 copre anche le fasi di definizione, attuazione, monitoraggio e valutazione degli interventi e comprende azioni di rafforzamento della capacità amministrativa, anche attraverso la messa a disposizione di esperti particolarmente qualificati.

3. Ai fini dell'articolo 192, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016, la valutazione della congruità economica dell'offerta ha riguardo all'oggetto e al valore della prestazione e la motivazione del provvedimento di affidamento dà conto dei vantaggi, rispetto al ricorso al mercato, derivanti dal risparmio di tempo e di risorse economiche, mediante comparazione degli standard di riferimento della società Consip S.p.A. e delle centrali di committenza regionali.

In pratica il legislatore, stante la necessità e l’impellenza di portare avanti i compiti di ripresa e modernizzazione delle infrastrutture quali obiettivi del PNRR; e resosi conto della limitatezza del personale delle pubbliche amministrazioni, ha spinto queste ultime ad avvalersi anche degli uffici della società partecipate. In linea con il comma 2 dell’art. 10 è stato da poco pubblicato un decreto del MEF che stabilisce i presupposti e i contenuti minimi delle convenzioni tra pubbliche amministrazioni (stati e non) e società partecipate statali. Sebbene detta normativa regolamentare sia diretta alle società partecipate statali, anche nei rapporti tra queste e gli enti locali che intendano fruire dei servizi delle prime, si ritiene che i principi dettagliati siano comuni a tutte le società in house, anche a quelle in cui la partecipazione è detenuta da un ente locale. Tra i punti più rilevanti si segnala quello di cui alla lettera i) secondo cui occorre indicazione dell'avvenuta preventiva valutazione, da parte delle regioni, delle Province autonome di Trento e Bolzano e degli enti locali, della congruità economica dell'offerta del soggetto in house, secondo quanto previsto dall'art. 192, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 in conformità del disposto normativo di cui al comma 3 dell'art. 10, secondo cui «la valutazione della congruità economica dell'offerta ha riguardo all'oggetto e al valore della prestazione e la motivazione del provvedimento di affidamento dà conto dei vantaggi, rispetto al ricorso al mercato, derivanti dal risparmio di tempo e di risorse economiche, mediante comparazione degli standard di riferimento della società Consip S.p.a. e delle centrali di committenza regionali»; l), che prevede la specificazione in dettaglio del cronoprogramma; v) con previsione di strumenti e modalità di controllo da parte elle pubbliche amministrazioni che affidano incarichi a società in house. Insomma, la direttiva del MEF si inserisce quale ulteriore tassello nella complessa attuazione delle attività previste dal PNRR, sebbene non possono non sollevarsi alcune perplessità. In particolare la creazione di una struttura bifronte (società privata con capitale e controllo interamente pubblico) non elimina la perenne dicotomia tra necessità di ricorso al mercato e possibilità di autoproduzione, con conseguente crescita esponenziale del contenzioso innanzi al giudice amministrativo.

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