I nuovi orientamenti della Corte dei conti in tema di danno all’immagine

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29/06/2022

La materia del danno all’immagine perseguito e perseguibile dalla Corte dei conti ha subito e sta subendo una metamorfosi giurisprudenziale.

Come è noto, fino al 2009 vi è stato un progressivo allargamento della materia, nella quale si faceva rientrare qualsiasi illecito che costituisse reato commesso da amministratori e dipendenti e che causasse una diminuzione del prestigio della amministrazione. In ciò la originaria giurisprudenza della Corte dei conti era agevolata dall’allagamento del danno all’immagine effettuato dalla Corte di Cassazione in tema di persone giuridiche, come , per esempio,

Cass sez. 3, Sentenza n. 4542 del 22/03/2012 

L'ente pubblico territoriale, come la persona giuridica e l'ente collettivo in genere, ha titolo al risarcimento del danno non patrimoniale qualora l'altrui inadempimento contrattuale ne leda i diritti immateriali della personalità, compatibili con l'assenza di fisicità e costituzionalmente protetti, quali sono i diritti all'immagine, alla reputazione e all'identità. (Principio affermato in fattispecie relativa al danno all'immagine cagionato ad un Comune dalla società incaricata di realizzare una tensostruttura per rappresentazioni, la quale aveva consegnato un'opera tanto viziata da costringere l'ente ad annullare la stagione teatrale).

Si trattava, in particolare, di una fattispecie di danno non patrimoniale che si aggiungeva alla diminuzione patrimoniale in concreto subita dalla amministrazione.

 

L’INNOVAZIONE DEL 2009

Con il d.l. nr. 78 del 2009 (segnatamente con il comma 30 ter dell’art. 17) la figura è stata circoscritta a due ipotesi:

danno cagionato da dipendenti;

commissione da parte dei predetti di delitti dei pubblici ufficiali contro l’amministrazione.

La norma, nella parte inerente ai presupposti per l’esercizio dell’azione risarcitoria ad opera del procuratore contabile, così stabiliva: «Le procure della Corte dei conti possono iniziare l’attività istruttoria ai fini dell’esercizio dell’azione di danno erariale a fronte di specifica e concreta notizia di danno, fatte salve le fattispecie direttamente sanzionate dalla legge. Le procure della Corte dei conti esercitano l’azione per il risarcimento del danno all’immagine nei soli casi e nei modi previsti dall’articolo 7 della legge 27 marzo 2001, n. 97».

Il legislatore individuò pertanto i presupposti per l’esercizio dell’azione mediante un espresso rinvio all’art. 7 della legge 27 marzo 2001, n. 97 (Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche); disposizione che, a sua volta, prevedeva che la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei pubblici dipendenti per i delitti contro la pubblica amministrazione (previsti dal Capo I del Titolo II del Libro II del codice penale) venisse comunicata al competente procuratore regionale della Corte dei conti per il successivo avvio, entro trenta giorni, dell’eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale nei confronti del condannato.

Conclusivamente, all’esito di questo primo intervento normativo la risarcibilità del danno all’immagine era limitata all’ipotesi di condanna irrevocabile del pubblico dipendente per uno dei menzionati delitti commessi dai pubblici ufficiali contro la PA (artt. da 314 a 335-bis del codice penale).

A seguito di numerose questioni di rimessione alla Corte Costituzionale (esitate con la sentenza nr. 355 del 2010) il giudice delle leggi ebbe a ribadire la legittimità della scelta discrezionale del legislatore.

 

IL CODICE DI GIUSTIZIA CONTABILE

La questione sarebbe rimasta sottotraccia se l’entrata in vigore del codice di giustizia contabile non avesse, per così dire, rimescolato le carte.

Innanzitutto le disposizioni di attuazione hanno abrogato l’art. 7 della legge nr. 97 del 2001; in secondo luogo, l’art. 51 del codice ai commi 6 e 7 ha previsto che

la nullità per violazione delle norme sui presupposti di proponibilità dell'azione per danno all'immagine è rilevabile anche d'ufficio.

La sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché degli organismi e degli enti da esse controllati, per i delitti commessi a danno delle stesse, è comunicata al competente procuratore regionale della Corte dei conti affinché promuova l'eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale nei confronti del condannato. Resta salvo quanto disposto dall'articolo 129 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.

Questa innovazione legislativa ha indotto molte sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti a ritenere che, per i fatti compiuti dopo l’entrata in vigore del codice, il danno all’immagine non fosse più circoscritto alla commissione di reati dei pubblici ufficiali contro la p.a., ma a tutti i reati, compiuti da dipendenti o amministratori, che avessero cagionato un danno alla pubblica amministrazione.

In effetti, le conclusioni conseguenti alla perimetrazione del danno soli ai reati contro la p.a. erano aberranti; se pensi che in questo modo non si poteva perseguire, per danno all’immagine, l’insegnante che avesse abusato delle sue allieve, poiché aveva commesso un reato contro la persona.

Non paga di questo approdo ermeneutico, la Sezione Liguria della Corte ha rimesso nuovamente la questione del danno alla Corte costituzionale, con il risultato di una sentenza interpretativa di rigetto che, però, lascia adito a diverse opzioni interpretative (sentenza nr. 191 del 2019).

Secondo la Corte il giudice a quo non ha vagliato la possibilità che il dato normativo di riferimento legittimi un’interpretazione secondo cui, nonostante l’abrogazione dell’art. 7 della legge n. 97 del 2001, che si riferisce ai soli delitti dei pubblici ufficiali contro la PA, non rimanga privo di effetto il rinvio ad esso operato da parte dell’art. 17, comma 30-ter, del d.l. n. 78 del 2009, e non si è chiesto se si tratta di rinvio fisso o mobile. L’ordinanza, quindi, trascura di approfondire la natura del rinvio, per stabilire se è tuttora operante o se, essendo venuto meno, la norma di riferimento è oggi interamente costituita dal censurato art. 51, comma 7.

A fronte di questi indirizzi della giurisprudenza di merito, e a colorare di difficoltà il quadro interpretativo, si sono inserite sentenze della Corte di Cassazione penale dal contenuto altalenante.

Secondo Corte di cassazione, Sezione II penale; sentenza 11 dicembre 2020

L'azione risarcitoria per il danno all'immagine subìto dalla pubblica amministrazione è esercitabile soltanto con riferimento ai delitti contro la pubblica amministrazione previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, con esclusione, quindi, dei reati "comuni" posti in essere da soggetti appartenenti ad una pubblica amministrazione.

Un anno dopo si assiste ad una inversione di tendenza con

Cassazione, Sez. 6, Sentenza n. 5534 del 20/05/2021 

Il danno all'immagine subito dalla pubblica amministrazione è risarcibile anche quando derivi dalla commissione di reati comuni. (In motivazione la Corte ha precisato che, anche a seguito delle modifiche normative disposte con il d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174 ed in ragione del perdurante rinvio "mobile" contenuto nell'art. 17, comma 30-ter, d.l. 1 luglio 2009, n. 78, all'abrogato art. 7, legge 27 marzo 2001, n. 97, l'azione risarcitoria non può ritenersi esperibile in relazione ai soli delitti dei pubblici agenti contro la pubblica amministrazione, indicati nell'art. 7 cit.).

 

L’EVOLUZIONE DELLE GIURISPRUDENZA CONTABILE

Al frastagliato quadro che emerge si aggiungono ulteriori sentenze della Corte dei conti che aggiungono via via ulteriori tasselli che consentono di perimetrare gli esatti confini dei limiti e dei presupposti del danno all’immagine.

Soprattutto in relazione alla intervenuta prescrizione penale, mentre con la sentenza nr. 298/2020 della Terza Sezione di Appello si è affermato che la prescrizione non consente il perseguimento di detto danno, in senso contrario si segnala, per esempio, la sentenza della Sezione Liguria nr. 208 del 2021 la quale ha ritenuto sussistente l’ipotesi anche nel caso di declaratoria di prescrizione del giudice penale.

In particolare, si è affermata la sussistenza del danno anche nel caso di proscioglimento per intervenuta prescrizione purché il provvedimento giurisdizionale definitivo sia stato preceduto da una sentenza di condanna penale che non sia stata riformata nel grado successivo.

Maggior concordia nella giurisprudenza della Corte dei conti si registra, invece, in caso di patteggiamento, sull’assunto che esso, secondo il codice di procedura penale, è parificato a tutti gli effetti ad una sentenza di condanna.

In conclusione, pare delinearsi una certa estensione dei presupposti di ammissibilità del risarcimento per danno alla immagine, fermo restando che solo il corso del tempo potrà consentire il sedimentarsi di un consolidato orientamento giurisprudenziale.

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