Progressioni verticali: il 50% dei posti complessivi destinati al reclutamento va calcolato per categoria? Non persuade l’indicazione della Funzione Pubblica

La categoria

03/08/2022

Che il 50% riservabile alle progressioni verticali sia da considerare riferito a ciascuna categoria e non al complesso dei dipendenti da reclutare è un’interpretazione possibile.

In termini pratici, quanto suggerisce il parere 12094/2022 della Funzione Pubblica porta ad un restringimento dell’utilizzo delle progressioni verticali.

Poniamo un facile esempio, immaginando che un ente abbia pianificato di effettuare nell’anno X 12 assunzioni.

Se si riferisce il 50% all’insieme delle assunzioni, escludendo che l’ente intenda effettuare stabilizzazioni e mobilità volontarie (istituti che erodono il 50% ricopribile con le progressioni), allora in teoria l’ente potrebbe effettuare 6 progressioni verticali, senza curarsi della distinzione per categorie.

Ma, se si fa riferimento alle categorie, le ipotesi sono diverse; ne facciamo solo 2:

Prima ipotesi:

Categoria Assunzioni previste Progressioni verticali possibili
D 4 2
C 4 2
B 3 2 1
B1 2 1
Totale 12 6

Seconda ipotesi:

Categoria Assunzioni previste Progressioni verticali possibili
D 3 1
C 6 3
B 3 2 1
B1 1 0
Totale 12 5

Come si nota, solo la prima ipotesi consente di effettuare un numero di 6 assunzioni dall’esterno e 6 progressioni verticali.

Nel caso della seconda, le progressioni verticali possibili (applicando il criterio matematico, secondo il quale i decimali dopo la virgola si arrotondano all’unità se maggiori di 0,5) sono solo 5 a fronte di 7 assunzioni per concorso.

Se la lettura offerta da Palazzo Vidoni ha il pregio di dimostrarsi una rigorosa garanzia del principio del prevalente accesso dall’esterno, essa, tuttavia, contrasta chiaramente con l’articolo 52, comma 1-bis, novellato dal d.l. 80/2021, il cui quarto periodo dispone: “Fatta salva una riserva di almeno il 50 per cento delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, le progressioni fra le aree e, negli enti locali, anche fra qualifiche diverse, avvengono tramite procedura comparativa basata sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni in servizio, sull’assenza di provvedimenti disciplinari, sul possesso di titoli o competenze professionali ovvero di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area dall’esterno, nonché sul numero e sulla tipologia degli incarichi rivestiti”.

La norma appare chiarissima: riferisce il 50% alle “posizioni” destinate al reclutamento mediante concorso, senza alcuna distinzione tra le categorie di qualificazione.

E’ nell’articolo 22, comma 15, del d.lgs 75/2017 che, invece, si trova un espresso limite percentuale delle progressioni verticali ivi disciplinate riferito alle categorie: “Il numero di posti per tali procedure selettive siseivate non può superare il 30 per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria”.

A Palazzo Vidoni dovrebbero sapere che nell’interpretazione si applica il principio ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit. E’ solo nel d.lgs 75/2017 che la legge ha espressamente voluto connettere la percentuale delle progressioni verticali alle categorie. Nel testo novellato dell’articolo 52, comma 1-bis, del d.lgs 165/2001 non solo non v’è riferimento alcuno alle categorie, ma, al contrario, si parla molto chiaramente di 50% delle posizioni disponibili destinate all’esterno: un’espressione dalla quale pare necessario concludere che il 50% si calcoli a prescindere dalle categorie.

Il dubbio interpretativo, in effetti esistente, non può che risolversi alla luce non solo delle tecniche dell’interpretazione normativa, ma anche sulla base della prova dei fatti. L’idea promossa dalla Funzione Pubblica, come si evince dal secondo esempio proposto sopra, persegue certo un fine pubblico di salvaguardia degli accessi dall’esterno, ma finisce per contraddire il dettato normativo.

Un punto, però, è molto importante. L’articolo 52, comma 1-bis, quarto periodo, riserva all’accesso dall’esterno non il 50%, ma “almeno” il 50%; quindi, è perfettamente possibile che le assunzioni per concorso siano di numero maggiore rispetto alle progressioni verticali.

Questa constatazione, allora, fonda maggiormente l’interpretazione della Funzione Pubblica? La risposta è negativa. La circostanza che le progressioni verticali previste possano non essere il 50% delle assunzioni previste, ma un numero inferiore, è da connettere all’esercizio della discrezionalità di ciascuna amministrazione nel programmare le modalità di reclutamento; non va, invece, ricondotta a algoritmi di calcolo forzati, che nella maggior parte dei casi non permetterebbero mai di ottenere quel 50%, anche laddove l’ente, nell’esercizio della propria discrezionalità, intendesse conseguirlo.

La lettura data dalla Funzione Pubblica da un lato, come detto, può essere una salvaguardia dall’eccesso di progressioni verticali; dall’altro, però, potrebbe spingere le amministrazioni ad “alchimie” programmatorie, tali da indurle a prevedere un numero di assunzioni tale da consentire un 50% per categoria sempre e comunque, forzando la ratio stessa della programmazione dei fabbisogni, che rischia di essere fortemente influenzata dalla “quadratura” delle proporzioni tra concorsi e progressioni verticali.

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