Breve esame della disciplina del dipendente che segnala illeciti

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14/12/2021

La legge 190 del 2012 ha introdotto la tutela del dipendente che segnala illeciti, il cd. whistleblower. Si tratta di una novità del nostro ordinamento che, non per favorire fenomeni di delazione e/o spionaggio, ma per consentire l’emersione di episodi di mala amministrazione, ha previsto determinate cautele per il denunciante.

L’ambito soggettivo di applicazione è costituito da tutte le pa di cui all’art. 1, comma 2, dlgs 165 del 2001; quello oggettivo riguarda tutti i fenomeni di corruzione (intesa come commissione di reati contro la pa e di comportamenti comunque illeciti).

 

Il contenuto della segnalazione

 

Premesso che si deve trattare si segnalazione scritta, la stessa deve esporre in modo quanto meno presumibile la esistenza di un fatto da addebitare, e se la informazione è falsa o calunniosa, non si deve procedere alla tutela ex art. 54 bis dlgs 165 del 2001.

Quando cessa la “protezione” al denunciante?

Secondo il novellato testo dell’art. 54 bis, comma 3, del dlgs nr. 165 del 2001 L'identità del segnalante non può essere rivelata. Nell'ambito del procedimento penale, l'identità del segnalante è coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall'articolo 329 del codice di procedura penale. Nell'ambito del procedimento dinanzi alla Corte dei conti, l'identità del segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria. Nell'ambito del procedimento disciplinare l'identità del segnalante non può essere rivelata, ove la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell'identità del segnalante sia indispensabile per la difesa dell'incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità.

 

Le misure di tutela del segnalante

 

Onde evitare che la pubblica amministrazione adotti misure ritorsive contro il segnalante, sono state previste sanzioni la cui inflizione spetta all’ANAC.

In particolare, qualora venga accertata, nell'ambito dell'istruttoria condotta dall'ANAC, l'adozione di misure discriminatorie da parte di una delle amministrazioni pubbliche o di uno degli enti di cui al comma 2, fermi restando gli altri profili di responsabilità, l'ANAC applica al responsabile che ha adottato tale misura una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro. Qualora venga accertata l'assenza di procedure per l'inoltro e la gestione delle segnalazioni ovvero l'adozione di procedure non conformi a quelle di cui al comma 5, l'ANAC applica al responsabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro. Qualora venga accertato il mancato svolgimento da parte del responsabile di attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute, si applica al responsabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro.

 

Uno sguardo alla giurisprudenza

 

Se si volge uno sguardo alla giurisprudenza, sia pattizia che interna, non si potrà non notare l’interesse che sta assumendo la figura in esame.

Con la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, Grande Camera, sentenza 12 febbraio 2018, ric. n. 14277/04, Guja c. Moldavia è stato affermato che

La disposizione convenzionale sulla libertà di manifestazione del pensiero [art. 10 CEDU] copre anche la diffusione di notizie da parte degli impiegati pubblici ma limitatamente alla sussistenza di determinati requisiti. La Corte, pur riconoscendo infatti il rispetto dei vincoli di lealtà, discrezionalità e riservatezza in capo a tali soggetti, apre loro la possibilità di divulgare informazioni relative all’ufficio in cui prestano servizio qualora vi sia un forte interesse pubblico a conoscere la vicenda – come nel caso di specie la lotta alla corruzione - e non esistano congrui canali alternativi per denunciare il fatto.

Gli Stati devono assicurare una protezione ai whistleblower che rivelano fatti di interesse per la collettività. Non basta prevedere un formale rientro di chi ha divulgato informazioni su fatti interni al luogo di lavoro. Ma è necessario che a livello nazionale, anche attraverso l’autorità giurisdizionale, sia garantito al lavoratore lo svolgimento effettivo della propria attività. 

Secondo T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, 08-06-2018, n. 3880, inoltre:

L’istituto del whistleblowing non è utilizzabile per scopi essenzialmente di carattere personale o per contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro nei confronti di superiori. Questo tipo di conflitti infatti sono disciplinati da altre normative e da altre procedure. Ciò posto, è illegittimo il diniego parziale di accesso agli nelle fattispecie non riconducibili alla normativa dell' art. 54-bis del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

Inoltre è stata affermata la legittimità del licenziamento per un uso distorto dell’istituto.

Cass. civ. Sez. lavoro, 24-01-2017, n. 1752

E' legittimo il licenziamento disciplinare intimato al lavoratore pubblico che invii ad alcuni soggetti istituzionali (prefettura, procura della repubblica e Corte dei conti) una memoria contenente la denunzia di condotte illecite da parte dell'amministrazione di appartenenza palesemente priva di fondamento, configurandosi una condotta illecita, univocamente diretta a gettare discredito sull'amministrazione medesima, non potendosi peraltro configurare, nella specie, le condizioni per l'applicabilità della disciplina del c.d. «whistleblowing» ex art. 54 bis D.Lgs. n. 165 del 2001.

 

De iure condendo

 

Con la direttiva 2019/1937, del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019 riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione, da recepire entro il 17.12.2021 sono state previste implementazioni della possibilità di segnalazione.

Innanzitutto, il presupposto a che scattino le norme sulla tutela del segnalante sono che questi abbia fondati motivi di ritenere che le informazioni segnalate fossero vere al momento della segnalazione e che tali informazioni rientrassero nell’ambito di applicazione della presente direttiva

E’ stato ribadito l’obbligo di mantenere segreta la identità del denunciante.

1.   Gli Stati membri provvedono affinché l’identità della persona segnalante non sia divulgata, senza il suo consenso esplicito, a nessuno che non faccia parte del personale autorizzato competente a ricevere o a dare seguito alle segnalazioni. Altrettanto vale per qualsiasi altra informazione da cui si possa dedurre direttamente o indirettamente l’identità della persona segnalante.

2.   In deroga al paragrafo 1, la divulgazione dell’identità della persona segnalante e di qualsiasi altra informazione di cui al paragrafo 1 è ammessa solo qualora ciò rappresenti un obbligo necessario e proporzionato imposto dal diritto dell’Unione o nazionale nel contesto di indagini da parte delle autorità nazionali o di procedimenti giudiziari, anche al fine di salvaguardare i diritti della difesa della persona coinvolta.

Sono stati ribaditi e rafforzati i divieti di ritorsione.

Con la legge 22 aprile 2021, n. 53 (Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2019-2020) è stata approvata la delega al recepimento ella direttiva in questione il cui art. 23 è intitolato Principi e criteri direttivi per l'attuazione  della  direttiva  (UE)   2019/1937, riguardante la protezione delle  persone  che  segnalano violazioni del diritto dell'Unione

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