Accenni alla disciplina del dissesto. A cura di Marco CATALANO, giudice contabile

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19/01/2022

Introduzione

Con la sentenza dell’adunanza plenaria nr. 1 del 2022 il Consiglio di Stato ha fatto il punto sulla disciplina del dissesto degli enti locali, chiarendone i limiti e la compatibilità con il diritto dell’Unione.

Punto controverso era il se nella massa passiva del dissesto andassero inseriti i debiti nati prima del dissesto, ma accertati successivamente; e il limite temporale entro cui far valere nella massa i predetti.

 

Le questioni affrontate

Innanzitutto si deve chiarire come il dissesto, e la limitazione dei diritti dei creditori (in punto di mancata decorrenza degli intessi), non sia in contrasto con il diritto europeo, poiché la separazione tra crediti antecedenti al dissesto e crediti sorti successivamente, è funzionale ad un risanamento dell’ente locale; diversamente opinando, ammettere che i crediti antecedenti alla dichiarazione e accertato successivamente debbano essere soddisfatti dal comune e non dall’organismo di liquidazione, frusterebbe le finalità di risanamento dell’istituto.

Come è stato affermato dalla dottrina e ribadito dal giudice amministrativo, il dissesto, con la separazione patrimoniale tra debiti dell’ente antecedenti la dichiarazione e attività successiva ha delle caratteristiche similari alla liquidazione giudiziaria. Ovvero, a partire dalla data di irreversibilità della crisi, i debiti antecedenti vengono accertatati e liquidati da un organismo straordinario (il curatore nella liquidazione giudiziaria e l’organismo straordinario di liquidazione nel dissesto); analogamente al crediti civili nel dissesto non maturano interessi; analogamente al diritto fallimentare nel dissesto l’organismo di liquidazione, accertata la massa passiva e l’attivo da liquidare, può disporre il pagamento anche ridotto dei creditori.

In definitiva non può non convenirsi con il Consiglio di Stato laddove afferma che alla luce delle svolte considerazioni, si ritiene che le caratteristiche del procedimento di dissesto siano espressive di un equilibrato e razionale bilanciamento, a livello normativo, con la necessità, da un lato, di ripristinare la continuità di esercizio dell’ente locale incapace di assolvere alle funzioni e i servizi indispensabili per la comunità locale, e, dall’altro lato, di tutelare i creditori.

Quel che era controverso, è che è stato risolto dal giudice amministrativo, è fin quando sia ammissibile inserire nella massa passiva del dissesto dei crediti.

È chiaro, infatti, che vi possono essere dei crediti sorti antecedentemente alla dichiarazione di dissesto, ma il cui accertamento si protrae nel tempo, anche successivamente alla dichiarazione da parte dell’ente locale. Ebbene, fino a che punto l’organismo di liquidazione deve attendere per far rientrare nella massa passiva il credito in contestazione, e quindi accertato successivamente al dissesto?

La risposta è che il credito in contestazione, accertato successivamente, deve essere fatto rientrare nella massa passiva della liquidazione solo fino alla data di approvazione, da parte dell’organismo di liquidazione, del riparto dell’attivo.

Invero, la differenza principale tra dissesto e liquidazione giudiziaria è che, mentre quest’ultima tende alla liquidazione di tutti i beni dell’azienda decotta, con il dissesto, viceversa, l’attività dell’ente continua, senza la zavorra del debito pregresso.

Ecco che innanzitutto l’art. 259 del TUEL prevede che l’ente, entro tre mesi dalla nomina dell’organismo di liquidazione, presenti al Ministero dell’Interno un’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, ovvero di bilancio che dimostri come l’ente possa, con le proprie forze, far fronte alla fornitura dei servizi a favore della collettività.

Il 31 dicembre dell’anno di approvazione del bilancio stabilmente riequilibrato è la data che segna la cesura tra debiti della massa, quindi da soddisfare da parte dell’organismo di liquidazione; e debiti propri di funzionamento dell’ente, da soddisfare con il proprio bilancio.

Il quando di tolleranza, relativamente ai crediti antecedenti al 31 dicembre è la data di approvazione, da parte dell’organismo, del provvedimento con il quale si accerta l’integrale soddisfazione dei creditori antecedenti il dissesto.

La soluzione del Consiglio di Stato appare in linea sia con canoni di ragionevolezza, sia con la legislazione successiva al TUEL[1] sia con gli approdi della giurisprudenza contabile, la quale ha affermato che l’approvazione del credito antecedente il dissesto non deve essere ratificato dal Consiglio comunale, ma è di competenza esclusiva dell’organismo di liquidazione[2].

 

Conclusioni

La sentenza del supremo organo di giustizia amministrativa ha chiarito alcuni punti in tema di dissesto, rilevanti ai fini della ammissibilità di un credito nella massa passiva.

Residuano, però, alcune criticità, derivanti dalla incompiutezza della disciplina del dissesto, rispetto alla analoga disciplina in tema di liquidazione giudiziaria.

In particolare, il legislatore non ha individuato l’autorità giudiziaria competente alle opposizioni avverso le ammissioni o non ammissioni nella massa passiva.

Mentre la legge fallimentare prima, e il codice della crisi di impresa ora regolano minuziosamente l’ipotesi sia di opposizione alla ammissione dei crediti e della possibilità di tardiva ammissione dei crediti, il legislatore del TUEL è laconico sul punto.

Orbene, poiché nel nostro Ordinamento giuridico esiste un giudice degli equilibri finanziari, la Corte dei conti, non sarebbe peregrino attribuire alla giurisdizione del giudice contabile tutte le controversie relative al dissesto, dalla ammissione dei crediti all’impugnazione degli atti dell’organismo di liquidazione.

 

 

 

[1] Ci si riferisce all’art. 5, comma 2, D.L. n. 80-2004 (convertito con L. n. 140-2004) che prevede che “ai fini dell'applicazione degli articoli 252, comma 4, e 254, comma 3, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, si intendono compresi nella fattispecie ivi previste tutti i debiti correlati ad atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, pur se accertati, anche con provvedimento giurisdizionale, successivamente a tale data ma, comunque, non oltre quella di approvazione del rendiconto della gestione di cui all’art. 256, comma 11, del medesimo Testo Unico”.

[2] Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, deliberazione nr. 21 del 2020, secondo cui “Per i debiti fuori bilancio rinvenienti da atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre precedente a quello dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, non assume carattere indefettibile la previa adozione della deliberazione consiliare di riconoscimento, spettando all’organo straordinario di liquidazione ogni valutazione sull’ammissibilità del debito alla massa passiva.”

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